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giovedì 4 giugno 2015

Cosa faranno adesso i 5 Stelle? UNA BELLISSIMA LETTERA DI BERTONI, LEGGETELA TUTTA...


Cosa faranno adesso i 5 Stelle?

di Roberto Bertoni
Quelli come me, per una volta, dovrebbero tacere. Quelli come me dovrebbero vergognarsi per come si sono comportati in questi anni, per le malvagità gratuite che hanno scritto, per la vigliaccheria con la quale si sono scagliati contro dei propri coetanei che si sono messi in gioco con pochissimi soldi e moltissima passione per svolgere un lavoro che la sinistra tradizionale aveva deciso di lasciare ad altri. Quelli come me, prima di parlare ancora del Movimento 5 Stelle, dovrebbero guardarsi dentro e chiedere umilmente scusa perché non solo di loro non abbiamo capito nulla ma li abbiamo anche giudicati con una ferocia che non avremmo riservato nemmeno al peggiore dei tiranni.

Quelli come me – giornalisti, opinionisti, commentatori – dovrebbero farsi un ampio esame di coscienza, soprattutto se abbiamo sbagliato in buona fede (il che costituisce un aggravante perché somma alla perfidia l’ignoranza), se ci siamo scagliati contro queste persone credendo davvero che fossero dei mostri, se abbiamo continuato a guardare il comico che urlava dal palco, talvolta anche esagerando e andando oltre i limiti del buongusto, anziché soffermarci sui volti delle migliaia di persone, per lo più giovani, che stavano lì ad ascoltarlo, ritrovando in quel momento un briciolo di speranza.

Quelli come me, trovandosi in piazza con gli insegnanti massacrati dalla Pessima scuola ideata dal duo Renzi-Giannini, non hanno il diritto di lamentarsi se vengono fischiati e accolti a male parole da un mondo che noi per primi abbiamo ignorato e tradito: ci meritiamo ogni attacco, ogni insulto e anche l’infamia massima di essere considerati dei ciarlatani che in piazza dicono una cosa e sui giornali o in Parlamento, dovunque andiamo poi a far danni, si comportano in maniera diversa.

Quelli come me che per mesi, direi per anni, hanno cercato mediazioni e compromessi al ribasso con il liberismo arrembante che stava devastando il futuro di intere generazioni non possono oggi far finta di niente e criticare la riforma Fornero come se non fossimo stati i primi a sostenerla: noi l’abbiamo votata, chi era in Parlamento, noi l’abbiamo spacciata per indispensabile, chi scrive sui giornali, noi siamo chiamati a rispondere delle nostre colpe.

Perché tanto lo sapevamo che non eravamo noi ad essere coinvolti in prima persona: non eravamo noi gli esodati, ritrovatisi da un giorno all’altro senza pensione e senza stipendio e, in alcuni casi, suicidatisi per disperazione; così come non eravamo noi gli operai licenziati su due piedi perché iscritti alla FIOM o perché vittime di una riorganizzazione industriale; e non eravamo noi nemmeno a dover vivere con meno di mille euro al mese mentre venivano aumentate tutte le imposte, locali e nazionali, e si avviava la distruzione dell’articolo 18 e dello Statuto dei Lavoratori, poi portata a compimento dal governo Renzi. Non eravamo noi a piangere le conseguenze più brutali e tragiche della crisi, dunque chi se ne importa e andiamo avanti, venendo meno alle ragioni stesse della sinistra, alla nostra storia, ai famosi “ideali della gioventù” di cui parlava Berlinguer e anche, se è lecito dirlo, alla nostra coscienza e alla nostra dignità di uomini, di giornalisti, di politici, di intellettuali e di persone che si sarebbero potute, in qualche modo, opporre e invece sono state complici di questa devastazione.


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